IL 20° CONCORSO SULLA SCHIAVA DELL'ALTO ADIGE

di Giuseppe Casagrande

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Il concorso ideato da Othmar Kiem, Ulrich Ladurner e Günther Hölzl intende riscoprire, rilanciare e promuovere uno dei vitigni storici del'Alto Adige.

Fresca, versatile, piacevole. E per di più... gentile. E' la carta d'identità della Schiava, un vitigno storico dell'Alto Adige (era coltivato fin dal Cinquecento). Un vino che sembrava destinato ad una lenta agonia soprattutto dopo il boom dei grandi rossi d'invecchiamento (Blauburgunder e Lagrein) e dopo l'exploit dei vini bianchi. Ma da qualche anno non è più così: l'umile "Schiavetta" (Vernatsch) la stanno riscoprendo soprattutto i giovani e il pubblico femminile sia per il colore, rosato, sia per la facile beva, sia per il basso tenore alcolico.

Un vino rosato di facile beva e dai tannini vellutati

Vino dai tannini vellutati e dal bouquet che ricorda i frutti di bosco, le ciliegie e la viola mammola, la Schiava è apprezzata come aperitivo, ma anche per accompagnare le tradizionali merende e molti piatti altoatesini grazie alla sua straordinaria versatilità che cambia a seconda delle zone di coltivazione. Ricche e avvolgenti al palato le Schiave di Santa Maddalena, morbide e beverine le Schiave del Lago di Caldaro, aromatiche le Schiave delle colline del Meranese.

Vent'anni fa Othmar Kiem lanciò l'idea di questo concorso

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Vent'anni fa, per valorizzare questo storico vitigno autoctono altoatesino e per premiare quei vignaioli e quelle cantine che hanno sempre creduto alla Schiave, il giornalista enogastronomico Othmar Kiem, affiancato da Ulrich Ladurner e Günther Hölzl, ha ideato un concorso che con il passare degli anni è diventato un importante punto di riferimento per il mondo enologico altoatesino.

In gara 84 campioni di tre zone: Caldaro, Santa Maddalena, Merano

Nei giorni scorsi, nella cornice del prestigioso design-hotel Vigilius Mountain Resort tra le vette del Monte San Vigilio a Lana, una selezionata giuria internazionale di giornalisti, enologi e sommelier arrivati da Italia, Germania, Svizzera, Austria e Gran Bretagna hanno degustato 84 campioni rappresentativi delle diverse tipologie Doc delle Schiave altoatesine: Lago di Caldaro, Santa Maddalena, Colline meranesi.

Otto le etichette premiate nelle categorie " I Classici", "Selezione" e "Evoluti"

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Questo il resposo della giuria. Otto sono le “Schiave dell’anno 2023” premiate dalla giuria del del 20° Concorso altoatesino. Nella categoria "I Classici" Der Keil Lago di Caldaro Classico Superiore Doc 2022 di Manincor; Schickenburg Alto Adige Merano Doc 2022 dei Produttori Merano; Hexenbichler Alto Adige Schiava Doc 2022 della Cantina Tramin; Alto Adige Santa Maddalena Classico Doc 2022 di Ansitz Waldgries. Nella categoria "Selezione" Arthur Rainer Alto Adige Lago di Caldaro Classico Superiore Doc 2022 di Seeperle; Turmhof Alto Adige Schiava Doc 2022 di Tiefenbrunner. Nella categoria "Evoluti" Gran Marie Alto Adige Santa Maddalena Classico Doc 2021 di Fliederhof ; Moar Alto Adige Santa Maddalena Classico Doc 2018 della Cantina Bolzano.

La giuria popolare ha premiato il Santa Maddalena Waldgries

Ma dato che la Schiava è un vino che non deve solo piacere agli esperti, ma anche, e soprattutto, ai wine lover e semplici appassionati, una commissione di enofili scelta tra il pubblico ha eletto il suo vino preferito tra i vincitori. La giuria popolare ha premiato l’Alto Adige Santa Maddalena Classico Doc 2022 di Ansitz Waldgries. Il “Trofeo Schiava dell’Alto Adige” è nato nel 2004 per promuovere la Schiava di qualità. A seconda della zona di produzione, la Schiava dell’Alto Adige - che è passata da 1.877 ettari nel 2003 a 556 nel 2023, e con il primo vino Schiava premiato da una guida autorevole che è il St. Magdalener Classico 2009 di Pfannenstielhof (dal "Gambero Rosso" nel 2011) - presenta caratteristiche diverse. Tenendo conto di questa diversità, i vini nella categoria “Classici” sono stati degustati e valutati separatamente per zona. Nella categoria “Selezione” sono stati raggruppati i vini Schiava dell’annata 2022, in cui la passione dei viticoltori e le caratteristiche del sito sono pienamente espresse. Infine, nella categoria “Evoluti”, sono stati inseriti i vini Schiava delle annate dal 2021 al 2017.

L'elenco dei vini più premiati nella storia del concorso

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Nei 20 anni del Trofeo, il St. Magdalener Classico di Ansitz Waldgries (14), il St. Magdalener Classico della Cantina Bolzano (9), il Meraner Schickenburg della Cantina Merano (9), il St. Magdalener Classico di Pfannenstielhof (6), il Freisinger Südtiroler Vernatsch della Cantina Tramin (5) e il St. Magdalener Classico di Franz Gojer-Glögglhof (5) sono stati i vini più premiati. Inoltre il St. Magdalener Classico della Cantina Bolzano è stato anche il più premiato dalla giuria popolare. Guardando alle aziende, la Cantina Caldaro con E&N (18), la cantina Ansitz Waldgries (18), la Cantina Tramin (15), la Cantina Bolzano (14) e la Cantina Merano (13) sono le cantine che hanno ricevuto il maggior numeto di riconoscimenti.

Gli ambasciatori della Schiava e i componenti della giuria

Gli ambasciatori della Schiava? Hartmuth Spitaler (Cornaiano, 2013), Enoteca Roscioli (Roma, 2015), Jörg Ganßer della Vinothek Törggelen (Monaco di Baviera, 2016), Wein.Kaltern (Caldaro, 2017), il Restaurant Patauner (Settequerce, 2019) e Jungwinzer St. Magdalena (Bolzano, 2020). A giudicare le Schiave nel corso degli anni sono stati sommelier e giornalisti non solo italiani, ma anche stranieri provenienti da Germania, Svizzera, Austria, Gran Bretagna e Giappone. E tra gli ospiti importanti Renzo Cotarella (Marchesi Antinori), Axel Heinz (Ornellaia), Luca d’Attoma (Duemani) e Andrea Lonardi (Tenimenti Angelini).

La giuria 2023 era composta da Lukas Gerges (sommelier St. Hubertus), Egon Perathoner (sommelier Annastuben), Lisa Kinkelin (sommelier Einhornstube), Elvis Costa (Südtiroler Sommelierverein), Eros Teboni (sommelier), Herbert Taschler (Dolomiten), Angelo Carrillo (L'Espresso), Dario Cappelloni (Doctor Wine), Carlo Macchi (Winesurf), Andrea Lonardi (Angelini Estates/MW), Alessandra dal Monte (Cook, Corriere della sera), Alexander Bachl (Orf-Moment Leben heute), Kilian Krauth (Heilbronner Stimme), Jens Priewe (Feinschmecker), Stefan Keller (Schweizer Weinzeitung), Alain Kunz (Blick), Monica Larner (Wine Advocate), Richard Baudains (Decanter), Walter Speller (Jancis Robinso), Othmar Kiem (Wineline/Falstaff) e Alessandro Regoli, direttore di WineNews.

La Schiava, un vino simbolo che unisce Italia, Austria e Germania

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Nessun altro vitigno autoctono in Italia porta nel nome il forte legame che la Schiava ha con questo territorio: “indigeno”, un significato affascinante, che va ben oltre quello di un vino che ha fatto l’economia del territorio, rappresentando la fonte di ispirazione per ripercorrere mille anni di storia, di identità culturale e di vocazione alla viticoltura di qualità. Ma è anche il vino che riunisce in bottiglia i territori che con le loro vicende hanno segnato la storia dell’Alto Adige: l’Italia, l’Austria e la Germania, dove la Schiava si chiama "Trollinger" simbolo del Tirolo.

In Trentino dopo il boom degli anni Settanta è praticamente sparita

Rosso rubino chiaro che sembra quasi un bianco per il modo di berlo, fresco, versatile e piacevole, la Schiava è un vino che è tornato di moda sui mercati e tra gli appassionati, sempre più in cerca di vini di "territorio", vini "leggeri", da abbinare ad una cucina light e salutistica. Momento culminante del "Trofeo Schiava dell’Alto Adige" 2023 è stato il "Gran Galà della Schiava". Ancora una volta a tavola si è dimostrata la versatilità di questo vino in abbinamento con le prelibatezze dalla cucina del Vigilius Mountain Resort, capitanata dallo chef Daniel Sanin. "La Schiava che fa parte della categoria dei vini rossi di corpo leggero - ha sottolineato Othmar Kiem, giornalista enogastronomico, organizzatore del Trofeo - ormai sta diventando sempre più popolare, soprattutto tra il pubblico giovane, il pubblico femminile e i wine lover". Non possiamo che essere d'accordo. Peccato che in Trenino la Schiava sia praticamente sparita. E pensare che alla fine degli anni Settanta occupava il 40% della superficie vitata.

In alto i calici. Prosit!

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