Analisi sensoriale nella progettazione del vino
Il pensiero che il vino si possa progettare potrebbe turbare. Eppure, nonostante le denominazioni d'origine, nella forma moderna, abbiamo visto la luce mezzo secolo fa, il vino non è stato offeso, nella sua lealtà al territorio, meno di altri prodotti alimentari.
Non è stata forse un'offesa al riflesso della zona e della cultura nel profilo sensoriale l'uso smodato della barrique? E tutte le pratiche di arricchimento per rendere generosi e coloriti vini che vivevano del loro superbo e raffinato aroma?
Allora è corretto parlare di progettazione del vino, cosa che stanno facendo gli allievi della laurea specialistica in viticoltura ed enologia del Nord-Est seguendo gli insegnamenti di Roberto Zironi.
Questo è però corretto nella misura in cui si parte proprio dal presupposto di cogliere il talento di un territorio e di progettare un percorso agronomico e tecnologico per ottenere due obiettivi: garantire l'impronta dell'origine e la massima soddisfazione da parte del consumatore.
Per fare questo l'analisi sensoriale è indispensabile e il suo impiego parte proprio dal comprendere cosa dà piacere al target di consumo al quale ci si vuole rivolgere. Non è infatti possibile accontentare tutti, l'importante è non volere accontentare solo i cantori del vino e le mode che passano di bocca in bocca senza un supporto scientifico nella loro determinazione.
Poi arriva il momento dell'analisi sensoriale di laboratorio per descrivere adeguatamente il prodotto e la successiva correlazione tra caratteri che generano o deprimono la preferenza del cliente e quindi la pianificazione della cura del vigneto e delle pratiche di cantina nell'ottica di garantire il successo al prodotto.
Tutto questo senza mai dimenticare che, se il contenuto della bottiglia è importante, non da meno lo sono la coerenza tra la sensorialità del vino, la confezione, la comunicazione e l'evocazione legata al territorio.