BIODIVERSITA' VITIVINICOLA - FAO E AGROECOLOGIA, LA VIGNA DEL FUTURO

Di Giampietro Comolli

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La biodiversità è il vero green deal. L'Italia con il 16% e la media europea all'8%. Ci vuole allineamento fra i 46 paesi UE e patto austerity-stabilità anche per l'agroecologia. I semi e le barbatelle sono un bene comune. la Vitis Vinifera va tutelata. Prima di giocare con i dna vegetali meglio usare tutti gli altri modelli anche se più costosi e difficili. Vademecum della Vigna del Futuro

Finalmente il mondo accademico ascoltato, le accademie di riferimento, i soloni del web, i vertici delle caste della comunicazione e del marketing, finalmente (scusate la ripetizione), cominciano nel 2021 a parlare un linguaggio intelligente, utile, determinante, solidale. Finalmente la ricerca universitaria al potere, i blog sponsorizzati, i portali sostenuti da padrini, i giornali del web a pagamento...si accorge dell'importanza di "salvare" il dna delle specie vegetali e botaniche che hanno segnato la vita, la ricerca, lo studio e il consumo di 2/4/6 mila anni di storia della società umana. Tutti oggi si riempiono la bocca, le pagine, i webinair del legame "ambiente, transizione ecologica, specie vegetali agricole". Finalmente, non è "mai troppo tardi" diceva la lungimirante trasmissione Rai degli anni 1960-1970 del maestro Alberto Manzi, per eliminare l'analfabetismo italiano ancora molto diffuso! Un benemerito della TV di Stato quando era un vero servizio pubblico senza logiche di interessi personali.

Oggi la FAO, sentiti vari comitati tecnici scientifici accademici emeriti giuristi (bastava leggere quanto scritto da Ceves-Ovse www.ovse.org già 10 anni fa), lancia il messaggio che in un secolo si è perso il 75% delle specie utilizzate per la produzione in agricoltura, fonti di alimenti e cibo. Oggi scoprono che questa "dimenticanza-distruzione" è la principale causa della perdita di biodiversità in circa il 50% del suolo agrario del pianeta. Ripeto: abbiamo perso il 50% della biodiversità naturale e coltivata della nostra Terra. Vince la monovarietà, la monocoltura, la monoproduzione, la monocultura. Altro dato allarmante che dovrebbe essere oggetto quotidiano&continuo&pressante di un blog, degli influencer, dei testimonial, dei portali dei benpensanti.... quello che solo 4 multinazionali in tutto il mondo producono e vendono il 60% dei semi vegetali da piantare o da moltiplicare, dei pesticidi e fitofarmaci, dei presidi chimici artificiali impiegati nella agricoltura industrializzata e fortemente meccanizzata.

Non ho nulla contro la meccanizzazione, la tecnologia, l'innovazione scientifica...anzi...ma trovo corretto anche il rispetto di un protocollo, di regole, di possibilità di scelte vere e reali, "conosciute e conoscitive" al consumatore e non camuffate e nascoste. La FAO, con sede a Roma, si è svegliata nel 2021! Questo sistema sostenuto, o almeno non indagato, anche da molti governi e politici democratici, molti di "sinistra" come si professano, è stato uno degli effetti negativi sulla biodiversità agricola. E l'Europa stessa, la lungimirante Commissione UE in carica, parla nel 2020-2021 di Green Deal come di un evento e come tutti i paesi europei siano deficitari e colpevoli. Un dato su tutti: l'Italia ha tre volte tanto (in generale e in media fra la zona di Milano e l'Aspromonte) la biodiversità naturale di Olanda, Belgio, Germania, Francia e il doppio di Grecia, Spagna e Polonia. Una bella differenza per stabilire chi deve "muoversi" prima di altri.

L'agroecologia nasce negli anni '60-'70, circa 20 anni fa diverse università e centri sperimentali ne stabiliscono valori, processi, programmi: è evidente che la riproducibilità di sementi e la moltiplicazione di piante e varietà legate alla località sono fattori determinanti del Green Deal. L'agricoltura biologica ha un valore se l'agroecologia è in grado di svilupparsi senza la chimica di sintesi. Credo che l'agroecologia debba essere uno dei capitoli base del Cop 26 a Glasgow di novembre 2021 coordinato da Italia e Gran Bretagna, co-autori anche del G7 e del G20 nello stesso periodo. Chiedo che il gruppo di "Friends of Cop" stilino un expertise in cui il capitolo "sviluppo agroecologico" sia uno dei primi progetti da curare, non da finanziare, da tenere sotto massimo controllo. Chiedo al ministro dell'ambiente italiano, Sergio Costa (5 stelle), e al collega Alok Sharma (conservatore) ministro britannico di proporre una soluzione concreta oltre i web talk di varie benemerite fondazioni italiani e non.

Non solo almeno il 25% di campi biologici nel 2030, ma un sistema-modello incrociato e vincolato che faccia discriminazione positiva e vantaggiosa per chi si attiene e chi applica, non tanto come prezzo del prodotto finale più alto, quanto come redditualità e solidità di impresa in modo che abbia la forza di restare sul mercato. L'Italia ha già certificato il 16% delle terre bio coltivate contro l'8% di media del continente europeo! E' evidente, e qui arriviamo al grande impegno di Ceves www.ovse.org da anni, che per ottenere CAMPOBIO certi, si può solo partire dai semi, dai germogli, dagli innesti, dalle moltiplicazioni naturali, dalle propaggini massali e dall'introduzione di regole-norme tecniche e meccanica più che chimiche e sistemiche di grande effetto immediato ma di devastazione infinita nel tempo per tutti. 

Consentitemi una battuta pesante: " i semi e le barbatelle naturali sono come i vaccini...sono un bene comune" che va difeso, tutelato, base della alimentazione, della salute, della vita degli uomini sulla terra. In questo gli organi pubblici devono essere controlli, certificatori, garanti e responsabili di quello che politicamente viene deciso. In Italia nel 1946 dal Consorzio Agrario di Piacenza partì la scelta dell'Ente Sementi Elette proprio per garantire semi sani e produttivi agli agricoltori e propagazione di un bene di tutti. Una scelta oggi dimenticata. Senza i semi e gli innesti la vita dell'uomo sarebbe stata assai diversa: è un patto sottoscritto attraverso l'addomesticazione delle piante selvatiche. Non buttiamo via la solita acqua sporca con il bambino! E' altresì evidente il legame fra semi, innesti, addomesticazione piante, sanità e produttività delle specie vegetali, incremento biodiversità, tutela delle varietà autoctone e...crisi e cambi climatici e ambientali.

Quindi occorre, per ogni varietà, la ricerca di un equilibrio che duri nel tempo, non sia occasionale o rischioso, che non alteri a natura, che la tuteli e la migliori con tutti " gli altri" strumenti e mezzi disponibili con due soli obiettivi principali: una agricoltura che produca e dia da mangiare a tutti, una agricoltura che aiuti a mantenere sano e fruibile il pianeta. Tutto il resto è secondario. E' allarmante constatare che a fronte di grandi investimenti delle multinazionali nella ricerca di scappatoie e di produzioni elevate grazie alle università anche statali nazionali non ci sia un contraltare di studi sperimentali e di ricerche degli enti pubblici verso una agricoltura più legata alla biodinamica, alla naturalità, alla difesa dell'ambiente collettivo. L'organic breeding è una soluzione per le sementi come le mutazioni genetiche o di innesti o di selezioni massali o di incroci impollinanti naturali lo sono per le piante da frutto o dell'orto.

Una transizione ecoambientale non può prescindere da un impiego dell'agroecologia. Per il settore enologia, nevralgico per il paese Italia, la viticoltura nazionale necessita di una grande rivoluzione agronomica, colturale, ecologica. La viticoltura in Europa occupa solo il 3,3% della sau coltivata, eppure si sa che impiega quasi il 65% dei presidi chimici fungicidi come difesa della pianta poiché molte varietà sono sensibili a molte malattie, una volta controllate solo con uso di rame e zolfo. Rame oggi bandito in alcuni paesi del nord Europa. Per ridurre l'uso di fitofarmaci ecco che la ricerca punta su "nuove" varietà di vite esistenti: alcune ottenute da incroci naturali con altre viti portatrici di caratteri genetici resistenti all'oidio e alla peronospora. In ogni caso 3-4 interventi (invece di 12-18) all'anno sono necessari per il controllo delle malattie fungine. Oggi in Italia si stanno studiando e registrando circa 370 varietà selezionate tutte dalla pianta madre della Vitis Vinifera.

Fra tutte bisogna individuare le migliori in assoluto, non solo esistenti ai patogeni, ma anche più adattabili a climi, precocità, fenologie adattabili, stoccaggio carbonio, terreni, ambienti, salvaguardando produzione e caratteristiche sensoriali per non alterare i vini Docg e Doc così come sono oggi conosciuti ed apprezzati nel mondo. Anche alte temperature, stress idrici e di siccità, germogliamento, gelate tardive, fioritura, forma e peso del grappolo, consistenza acini e spessore buccia....sono tutti altri parametri botanici varietali che diventano sempre più determinanti anche solo nella scelta "dove" impiantare un vigneto proprio con i cambi climatici in atto. da qui l'importanza anche di un piccolo vademecun di analisi e di monitoraggio nella scelta e nella filiera dei processi agronomici e colturali da mettere in campo. Come Ceves www.ovse.org ecco un piccolo elenco delle principali azioni e misure necessarie per definire una nuova viticoltura italiana di pregio e salvaguardia non solo della Vitis Vinifera dall'estinzione ma anche della sua migliore rigenerazione e valorizzazione biologica e vegetativa del vigneto "Italia" in generale.


Pratiche rigenerative biologiche e promiscuità coltivazioni
Lotta biologica e annullamento prodotti chimici di sintesi
Controllo contenimento superamento avversità e eccessi ambientali
Adattamento colture ai cambi climatici
Incremento biodiversità e varietà locali
Agronomia di meno erosione suolo e più radicazione e più autonutrimento
Controllo insolazione e traspirazione e idrometeologia
Tutela agraria con barriere naturali e stabilità del suolo
Implemento fissazione e trasformazione del carbonio

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