LA BELLA FAVOLA NATALIZIA DI DUE GIOVANI RISTORATORI: ALESSANDRO E PERLA. UN SOGNO DIVENTATO REALTA' CON LA CONQUISTA DELLA MITICA STELLA MICHELIN
di Giuseppe Casagrande
E pensare che l'anno scorso per colpa della pandemia avevano dovuto chiudere il loro locale da poco aperto ad Appiano (Alto Adige) dopo l'esperienza trentina in Val di Fiemme, basca a San Sebastiàn (Spagna) e italiana in molti ristoranti stellati.
Sembra quasi una favola. Una delle tante che riescono a commuovere e a intenerire il cuore alla vigilia delle festività natalizie. Sembra, dicevo. Ed invece è la storia bellissima di due ragazzi, italiano lui, messicana lei: Alessandro Bellingeri e Perla Edith Becerra Cardenas, numi tutelari dell'Osteria Acquarol di Appiano sulla Strada del Vino (Alto Adige). Alla giovane coppia nei giorni scorsi la guida Michelin, la più autorevole, ambita e temuta dagli chef dell'«haute cuisine», ha assegnato il riconoscimento più prestigioso: la mitica stella Michelin. E pensare che l'anno scorso per colpa della pandemia avevano dovuto chiudere il loro locale aperto da poco. Erano arrivati da poco dopo l'esperienza in Val di Fiemme (a Panchià e a Cavalese) e si erano visti costretti a trasformare il ristorante in bottega per prodotti d'asporto, in particolare pasta fresca confezionata con le loro mani. Una sfida affrontata con coraggio. Lo racconta Marco Colognese in Reporter Gourmet. «A me è sempre piaciuto viaggiare, conoscere. Così, appena finita la scuola mi sono chiesto: dove vado?».
Curioso per natura, in effetti Alessandro Bellingeri ne ha fatta di strada. Classe 1983, originario di Cremona, dopo aver peregrinato tra i fornelli dell'alta cucina si è ritrovato con la moglie Perla, messicana, dapprima in Trentino (Val di Fiemme) e poi in Alto Adige, ad Appiano, una delle mete preferite dai wine lover che percorrono la famosa Strada del Vino della Bassa Atesina. Come ci sono arrivati? «Ho mandato curriculum nelle città d'arte di cui ero e sono innamorato. Così sono approdato al Do Leoni del Londra Palace di Venezia. «Mi sarebbe piaciuto andare da Pinchiorri, ma l'opportunità sfuma. Stefano Mazzone (chef del Do Leoni) mi segnala a Riccardo Camanini che all'epoca era a Villa Fiordaliso: bella esperienza, dura, con molto rigore. Ricordo il sous chef, un francese, terribile». Altra tappa Alba, da Enrico Crippa, il ristorante aperto da un anno e ancora senza neppure la prima stella che sarebbe arrivata di lì a poco. «Ero al reparto pasticceria, ma ho avuto modo di sperimentare gli altri settori della cucina. È stata un'esperienza fantastica.
«Lì ho imparato il concetto di pulizia e un filo conduttore fondamentale come il confronto diretto con i produttori che fino ad allora non avevo visto in quei termini: una qualità altissima della materia prima". Ma Alessandro non si ferma, vuole alzare il tiro, è attirato da Perbellini, ma i colloqui si risolvono in un nulla di fatto. Alla fine arriva alla corte di Massimo Bottura. «Avrò fatto trenta chiamate prima di beccarlo, alla fine ho mangiato da lui, i piatti mi hanno entusiasmato. Sono rimasto in cucina alla Francescana tre mesi. Di Massimo Bottura ho un ricordo bellissimo: una persona in grado di motivare tantissimo il team. Però ero molto sotto pressione, tanto che lo stesso Bottura mi consigliò di fare una pausa staccandomi dal mondo delle stelle». La storia continua: tre stagioni estive a Capri, di nuovo con Mazzone, al «Quisisana», e durante la stagione invernale eccolo a Cavalese al «Molin», il ristorante stellato di Alessandro Gilmozzi. Ma non si ferma e d'estate vola a San Sebastiàn (Spagna), la città basca gemellata con Trento che era diventata la capitale mondiale della cucina d'avanguardia. Entra dal mitico Martin Berasategui e qui conosce Perla, una splendida ragazza messicana, si innamora di lei e della cucina basca. Una cucina straordinaria anche per l'organizzazione. «Sessanta persone in cucina, una sincronizzazione e una precisione mai viste».
Perla lo segue in Italia, di nuovo a Capri e poi ancora da Alessandro Gilmozzi, al Molin di Cavalese, come sous chef. Ed è proprio in Val di Fiemme che il talentuoso chef trentino spinge entrambi ad accettare la gestione di un piccolo locale a Panchià all'interno dello storico Hotel Rio Bianco, il più antico della Val di Fiemme. «Il mio sogno era di aprire un ristorante in Piazza Duomo a Cremona, ma in valle di Fiemme e Fassa sarebbero arrivati i mondiali di sci di fondo e sarebbe stata una grande occasione». Così nasce l'«Osteria dell'Acquarol», termine dialettale trentino che indica un vinello allungato con l'acqua, quello che si dava ai contadini in campagna. Suona uguale sia nel dialetto trentino sia in quello cremonese. «Siamo rimasti a Panchià cinque anni e poi abbiamo pensato che avremmo voluto superare il limite di un'apertura stagionale stando fermi quattro mesi all'anno. In più nulla ci legava a quel posto sebbene ci fossimo affezionati. Allora siamo approdati nella Bassa Atesina, a San Michele Appiano, località non lontana dalle montagne e vicina ad una città importante come Bolzano. E nel centro storico abbiano scoperto un'antica osteria che abbiamo trasformato in un locale sobrio, minimalista: pochi tavoli, niente tovaglie, luci soffuse, cucina a vista". Un locale essenziale e moderno che esprime al meglio la filosofia del giovane e talentuoso chef lombardo.
L'idea geniale di Perla: la pasta fresca e ripiena
I primi tempi ad Appiano non sono facili per due forestieri come Alessandro e Perla in un paese dove si parla poco l'italiano, tanto che Alessandro confessa: «Abbiamo fatto più fatica nel 2019 appena arrivati che non nel 2020 con la pandemia, ma poi la gente ha cominciato a volerci bene». Il Covid rende tutto complicato, ma Perla ha un'idea geniale che all'inizio Alessandro non condivide: «Le ho detto subito: tu sei fuori di testa!». E invece si convince e inizia a fare pasta fresca e ripiena (buonissima, tra l'altro) che riscuote subito un grande successo. «Il delivery? Lo odio con tutto il cuore, mi limito a fare lo chef a domicilio per i clienti più affezionati. L'anno scorso è stato devastante. E così l'idea di mettere in campo la mia competenza per realizzare prodotti di qualità è stata vincente. Del resto, dietro di me, ho un'azienda che deve stare in piedi e andare avanti. Si possono fare ricerca e ottimi prodotti anche in questo modo. Siamo partiti - confessa - con la macchinetta di mia nonna e, arrivati a 25 chili di pasta, non ce la facevamo più e abbiamo preso una macchina elettrica".
"Il segreto? Una selezione di farina e di uova come Cristo comanda, una splendida ricotta che ci arriva da un'azienda agricola familiare di Lodi e l'utilizzio di verdure fresche. Adesso facciamo pasta ripiena e secca, canederli, gnocchi, passatelli e spätzle. Inoltre, ci sono i lievitati come panettoni e colombe, salse sughi e conserve. Abbiamo creato anche la Giardiniera di Pascal sott'olio o aceto di mele». Pascal è il loro cagnolino e, dalla vendita della Giardiniera, arriva una raccolta fondi per le onlus dedicate ai cani. La linea si chiama «A Mano», nome che gioca sul verbo amare e naturalmente sul fatto a mano. L'idea è anche quella di non farsi sfuggire i clienti, di fargli compagnia in qualche modo e di ricordare loro che ci saranno tempi più felici. Tempi nei quali rimarrà il piccolo punto vendita all'interno dell'Osteria.
I piatti cult dell'Osteria: molto pesce, ma anche selvaggina
Tra i piatti cult dell'Acquarol meritano una segnalazione la trota croccante, kefir, aneto e mela antica. Una bontà la lingua di vitello arrosto, wafer di mais, coriandolo, origano e camomilla. E così pure i tagliolini alle ortiche con sugo d'arrosto. Un inno alla freschezza il branzino, uva spina, cetrioli alla brace e ristretto di olive. Da applausi a scena aperta il carpione al ginepro verde, pere e rabarbaro. Delizioso il riso Carnaroli alle erbe amare, gamberi di fiume e sambuco acerbo. Una libidine il piatto di punta e di taco (mais nixtamalizado, temolo e hibiscus). Superbo, per chi ama la selvaggina, il daino, midollo, friggitelli e limone e così pure le animelle di vitello, cacio e pepe, menta e pistacchio. Peccaminosi, infine, i dessert. Una libidine il cardo caramellato con cachi, gelato alle noci e meringa alle olive. Squisito lo yogurt di capra con frutta di stagione, la torta alle nocciole e acetosella. E per finire un omaggio alla terra di Perla, «Il mais messicano», splendida variazione con gelato al mais bianco, atole, tortilla di mais al cioccolato antico, tamal di mais azzurro e macaron al mais giallo. Meditata la carta dei vini con un occhio di riguardo per le etichette altoatesine. In alto i calici.
Osteria Acquarol
Via Plazer n°10 - 39057 Appiano sulla strada del vino (BZ)
Tel. +39 0471 362932
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www.acquarol.it