QUEL MITICO "PESCE-BASTONE" SIMBOLO DELLA CUCINA VENETA
di Giuseppe Casagrande
Gemellaggio all'insegna dello stoccafisso tra Røst (Norvegia) e Sandrigo (Vicenza). Garante Antonio Chemello chef patron del Ristorante "Da Palmerino" e nume tutelare della "Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina". C'è una località, nel Veneto, la cui fama ha travalicato i confini nazionali grazie ad un pesce, il merluzzo, che è diventato il simbolo gastronomico della cucina vicentina. La località è Sandrigo. Qui nel 1987 l'avv. Michele Benetazzo assieme ad una pattuglia di buongustai gaudenti e impenitenti ha fondato la Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina (bacalà con una sola "c" come esige il dialetto veneto). Lo scopo: salvaguardare l'antica ricetta che vanta oltre 500 anni di storia.
La Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina: al centro il Gran Maestro Luciano Righi
Simboli della Confraternita: la cappa di velluto color bruno argento come le squame del merluzzo, la mantellina gialla come la polenta, il medaglione con in bella mostra Sua Maestà lo stoccafisso e le pannocchie di mais. A questo punto anche per non incorrere nelle ire degli esegeti va precisato che in Veneto, ma anche in Trentino e in Friuli Venezia Giulia per baccalà si intende familiarmente lo stoccafisso (stockfish, pesce-bastone) delle isole Lofoten, Norvegia, essicato su enormi rastrelliere come usavano i Vichinghi, mentre nel resto d'Italia per baccalà si intende (dizione corretta) solo quello salato.
Il ruolo fondamentale del Concilio di Trento
Ma partiamo dalla storia di questo pesce-bastone. Tutto cominciò a Trento, sede del Concilio della Controriforma (1545-1563) per colpa o per merito - a seconda dei punti di vista - dei padri conciliari, in particolare dell'arcivescovo di Uppsala (Svezia) Olao Magno, che imposero il rigoroso rispetto del digiuno e dell'astinenza il venerdì di magro, nei giorni di vigilia e durante il periodo quaresimale. Da allora il baccalà o stoccafisso che dir si voglia ne ha fatta di strada al punto che, che dopo essere stato per secoli il piatto dei poveri, oggi è diventato una prelibatezza da ricchi visti i costi astronomici del mitico "Ragno", la qualità più pregiata di stoccafisso, la cui storia è raccontata in una monumentale opera letteraria dall'accademico vicentino Otello Fabris: "I misteri del Ragno".
Il naufragio del mercante veneziano Pietro Querini
Quanto mai dettagliato il capitolo che Otello Fabris dedica al viaggio avventuroso del mercante veneziano Pietro Querini che, partito da Candia (Creta) il 25 aprile del 1431 e diretto nelle Fiandre con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie (zafferano, zenzero, cannella, cardamomo), cotone, cera e altre mercanzie naufragò (era il 4 gennaio del 1432) nei mari del Nord e con una scialuppa assieme ai marinai superstiti (sedici su 68) finì sugli scogli di un isolotto dell'arcipelago norvegese delle isole Lofoten. Salvati dai pescatori di Røst i superstiti rimasero sull'isola alcuni mesi prima di ripartire alla volta della Serenissima con un regalo prezioso: 60 stoccafissi.
Viaggio avventuroso anche quello di ritorno. Viaggio ripetuto nel 2007 con due barche a vela da alcuni rappresentanti della Venerabile Confraternita vicentina: tra costoro Otello Fabris, la nobildonna trentina Lina Tomedi e il re del baccalà alla vicentina Antonio Chemello, patron del ristorante "Palmerino" di Sandrigo. Partiti da Venezia hanno solcato dapprima l'Adriatico, quindi il Mediterraneo e, oltrepassate le colonne d'Ercole, l'Atlantico con tappe a Lisbona, La Coruna, Dublino e Bergen. Ultima tappa le Lofoten dove sono stati accolti in pompa magna. Occasione per rinnovare il gemellaggio con la città di Røst, l'isola norvegese che ogni anno invia in Italia gli stoccafissi più pregiati.
La "Via Querinissima" che unisce l'Europa
L'itinerario fu ripetuto nel luglio-agosto del 2012, partendo da Sandrigo, ma questa volta a bordo di una "Cinquecento" gialla: 9 mila chilometri di strada percorsi da quattro membri della Confraternita vicentina: Fausto Fabris, allora presidente della Pro Loco Sandrigo, il tesoriere della Confraternita Carlo Pepe, l'enogastronomo Ennio D'Amico in rappresentanza dei Baccalà Club e Antonio Chemello, coordinatore del Gruppo Ristoratori del Baccalà alla Vicentina. Undici i Paesi europei attraversati lungo quella che è stata ribattezzata la "Via Querinissima" per ricordare Pietro Querini e la Serenissima Repubblica di Venezia. Durante ogni incontro istituzionale (la comitiva ha fatto tappa anche a Trento, a Villa Madruzzo) i rappresentanti della Confraternita vicentina hanno consegnato alle autorità locali una litografia di Galliano Rosset della Stamperia d'Arte Busato che raffigura la Basilica Palladiana di Vicenza trasformata in una nave vichinga che solca i mari del Nord e che ha come prua la Torre di Piazza dei Signori e come albero maestro uno stoccafisso.
La ricetta originale codificata dalla Confraternita vicentina
La ricetta originale del baccalà alla vicentina, codificata dalla Confraternita oggi presieduta dall'on. Luciano Righi, prevede tranci di stoccafisso ammollato, cipolle, latte, acciughe, olio extravergine d'oliva, una spolverata di formaggio grana, un ciuffetto di prezzemolo sbriciolato, ma soprattutto una lenta cottura (dalle 4 alle 5 ore). I vicentini dicono: il baccalà deve "pipare", ovvero cuocere a fuoco lento. E' la ricetta che i buongustai vicentini dal lontano 1947 (ma guarda un po' coincide proprio con il mio anno di nascita) hanno il piacere di assaggiare a Sandrigo dal mitico "Palmerino", nume tutelare Antonio Chemello che nei giorni scorsi ha festeggiato il duplice prestigioso riconoscimento assegnato dalla Guida Michelin e dalla Guida" Mangiare e bere bene in Veneto" che ha premiato l'antica trattoria Palmerino come miglior ristorante di baccalà del Veneto.
Antonio Chemello re del baccalà alla vicentina
Antonio Chemello, chef patron dell'antica Trattoria "Da Palmerino" (Sandrigo)
Come confratello della Venerabile Confraternita vicentina non potevo mancare all'incontro conviviale. All'insegna del mitico pesce-bastone il menu della serata. Come ouverture una carrellata di amuse bouche a base di baccalà e stoccafisso: mantecato, affumicato, in carpaccio con la brioche integrale, come zuppa alla maniera di Røst, con crostini di caviale. Ed ancora: in rosso su crosta di pane, con le patate, con il radicchio invernale di Asigliano, con il broccolo fiolaro di Creazzo, con i pomodorini confit. E, graditissima sorpresa perchè è davvero una rarità: la "lingua" di merluzzo, una autentica leccornia, peccaminoso preludio all'ingresso trionfale in sala di Sua Maestà il baccalà alla vicentina con la polenta di Marano. Da standing ovation. Chiusura in dolcezza con la pera caramellata al Groppello e il tiramisù al Torcolato che il figlio Marco propone in versione coreografica diversamente tradizionale. Che altro aggiungere? Semplicemente chapeau.
In cantina ampia selezione di vini locali e bollicine
Oltre al baccalà, "Palmerino" è famoso anche per alcuni piatti della tradizione locale. Piatti di carne e di pesce proposti alla griglia, i formaggi dell'Altopiano di Asiago, la sopressa del Pasubio, i bigoi al torchio con ragù di anatra, i risotti stagionali di Grumolo delle Abbadesse, in primavera gli asparagi bianchi di Bassano con le uova, in autunno il filetto di Frisona dell'allevamento Campogallo di Sandrigo. Non c'è che l'imbarazzo della scelta. La Cantina offre un'ampia selezione di vini nazionali e internazionali. Marco Chemello privilegia giustamente le etichette locali da abbinare al baccalà: Vespaiolo in primis, Garganega, Durello, Tai Rosso. E per chi ama le bollicine? Prosecco naturalmente, oltre ai classici Trentodoc e Franciacorta e ad alcune "chicche" del territorio senza dimenticare (noblesse oblige) gli Champagne. In alto i calici.
Trattoria Da Palmerino
Via Piave 13, 36066 Sandrigo (VI)
Tel. 0444 659034
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www.palmerino.eu