L'ENTUSIASMO DI JACOPO TICCHI A IDENTITÀ GOLOSE MILANO
Lo chef di Da Lucio a Rimini, anche in un menu conciso, è riuscito a conquistare il pubblico dell'Hub con piatti vivaci e dinamici, pieni di idee e tecniche
Jacopo Ticchi è arrivato a Identità Golose Milano sulle ali di quell'entusiasmo con cui, nel giro di pochi anni, è diventato uno dei giovani chef italiani più promettenti e soprattutto più stimati, dalla critica e dai suoi colleghi. Di lui, su queste pagine, aveva scritto la prima volta Carlo Passera, che in questo articolo univa il racconto di un pranzo presso Da Lucio, il ristorante riminese di Ticchi, e del libro Oltre la frollatura, pubblicato quell'anno da Maretti Editore. Un libro in cui il cuoco romagnolo metteva nero su bianco il frutto delle sue ricerche sulle maturazioni del pesce.
Da allora, nonostante siano passati solo 3 anni e qualche mese, la cucina di Jacopo Ticchi e della squadra di Da Lucio ha continuato a evolversi, a raffinarsi, a cercare nuove strade, esplorando anche ben al di là del tema della frollatura ittica. Soprattutto, da due mesi a questa parte, il suo ristorante ha lasciato la sede nel centro cittadino per trasferirsi in un ambiente spectacolare in mezzo al mare, all'interno della Darsena di Rimini. Una novità che ha ulteriormente riempito di energie e di idee lo chef classe 1994, tanto che, dietro il pass di Identità Golose Milano, a fine servizio, insieme al suo chef Giacomo Imbalzano, l'abbiamo sentito raccontare di nuovi progetti, nuove sfide da affrontare. Per ora non possiamo svelare queste novità, ma ci sentiamo di dire che se si realizzeranno...sarà divertente.
Parlandoci invece dei primi due mesi del nuovo Da Lucio, Ticchi non ha nascosto le difficoltà, che però sembrano essere superate: «Tutte le preoccupazioni iniziali, del tipo: "È una scelta giusta? Sto facendo un passo troppo avanti?", ora si sono placate, lasciando spazio il primo mese a: "Oddio, come facciamo a servire così tante persone?". Stiamo lavorando veramente tanto, passando così dalla preoccupazione di non avere abbastanza clienti per rientrare dagli investimenti, a quella di trovare una soluzione per armonizzare i turni dei ragazzi della brigata. Perché si è aggiunto il pranzo alla nostra classica routine, e il pranzo è quasi più forte della cena a volte, perché quello è un luogo che spinge le persone a fermarsi, a rimanere seduti al tavolo, quindi di solito il servizio finisce alle sei. Abbiamo poi trovato un sistema per fare i turni, però confesso che non pensavo che un ambiente così bello influisse in questo modo. Pensavo che l'effetto sarebbe stato un po' superficiale, pensavo che il fatto di avere tutta la cucina fatta su misura, pensata per noi, fosse solo un vezzo che ci siamo regalati. E invece mi sono reso conto che fa davvero la differenza».
Fa la differenza anche in quello che cucinate? «Assolutamente sì - risponde convinto Ticchi - è l'influenza più grande viene dalla bellezza che ci circonda, dalle cotture in queste griglie speciali, nel forno a legna, dallo spazio, dal sole, dal mare che entra in ogni nostro sguardo. Mi sono accorto che sento l'esigenza di aggiungere meno ai piatti. Era un passo che ho sempre pensato dovesse arrivare con la maturità: vediamo grandi chef che sanno cucinare il prodotto senza quasi aggiungere niente, come ad esempio Victor Arguinzoniz, e quella per me è la grande maestria. Quando riesci a mettere sul piatto un prodotto talmente perfetto nella sua origine, talmente perfetto nella sua cottura, che non c'è bisogno di fare grandi cose. Per me quello è un simbolo di maturità. Così oggi ci troviamo a fare il brodetto, a cucinare la razza e una serie di altri piatti che probabilmente prima non avremmo fatto, perché sentivamo di dover stupire di più. Oggi mi sento molto più sereno e la cucina fa anche cose molto più complesse di prima, però con una leggerezza diversa».
Dentice e finger lime - Ricciola, mazzancolla e pompelmo - Cefalo e uovo marinato
Per il menu proposto a Identità Golose Milano, lo chef di Da Lucio ha dovuto altrettanto fare un esercizio di sottrazione. Se nel suo ristorante, soprattutto con gli antipasti, ama riempire le tavole di piattini con tante proposte diverse, il format classico dell'Hub, con un menu degustazione articolato in tre portate salate più una dolce, lo ha portato a fare delle scelte. Ecco il suo racconto a riguardo.
Ombrina, trombette dei morti e salsa alle ostriche, insalata di trippa di pesci misti
«Sicuramente non è stato facile, la mia idea di cucina e di servizio si basa proprio su tanti piatti. Non sono mai piatti troppo composti: cuciniamo il pesce, lo condiamo, condiamo la singola verdura, e poi nell'idea della tavola mista creiamo il piatto unico, il piatto che passa da un sapore all'altro, da una consistenza all'altra, da un pesce all'altro. In questo caso ho scelto comunque di ingannare le regole che mi sono state date, perché alla fine ho messo tre piatti nello stesso piatto. Ho fatto tre tipologie di pesce crudo: il nostro iconico Cefalo con il tuorlo marinato, e gli altri due, la Ricciola e il Dentice, raccontano un po' il periodo attuale».
Spaghettino tiepido, fegato di seppia e seppiolini scottati
«Poi non poteva mancare nel nostro menu un bel filetto di pesce cucinato a dovere, un'Ombrina, dove far emergere questa caratteristica della pelle croccante e di una carne morbida, un risultato che deriva proprio dal processo di maturazione. Abbiamo anche giocato con il quinto quarto di pesce, che fa parte del nostro racconto, come contorno, facendo questa insalata di trippa, trombette della morte e alghe bollite, tre elementi che giocano sulla stessa consistenza. Infine una bella salsa di ostriche pescate di Rimini, una salsa classica con una veste nuova, che rappresenta bene le nostre origini».
Banana cotta nel forno a legna, gelato allo yogurt e fava tonka, caramello di pesce
«Per proseguire, lo Spaghetto al fegato di seppia non lo facciamo più nella nuova sede, perché ne abbiamo cucinato talmente tanto da non poterne più, però ci stava l'idea di proporre un nostro classico. Infine, il dolce a base di Banana. Devo confessare che è un ingrediente che non ho mai cucinato. Poi qualche tempo fa stavo vedendo il documentario Omnivore di Redzepi e c'era questa parte sulle banane, che mi ha fatto venire voglia di sperimentare un po'. Le ho cotte in forno a legna, senza buccia, ottenendo una consistenza che mi ha interessato molto: era un piatto che nella mia testa funzionava, però sono sincero, è stata la prima volta che lo proponevo. Abbiamo aggiunto un'altra nostra preparazione ormai consolidata: è il caramello di pesce, per cui partiamo da un fondo bruno di pesce, ben caramellato. Poi facciamo ripartire un classico caramello e invece che deglassare con la panna, si deglassa col fondo bruno».
Scommetteremmo senza timore di essere smentiti che molti dei commensali, ieri a Identità Golose Milano, stiano già organizzando una trasferta a Rimini, per assaggiare altri piatti della cucina di Jacopo Ticchi.
Riceviamo da News Letter Identità Golose 818 - 28.11.2024