Aida, un grand opéra all'italiana
Inutile cercare il romanzo o la commedia da cui sarebbe stata tratta la trama di Aida: il soggetto, raro caso, è originale. Ecco com'è andata: il Canale di Suez è aperto da un anno e il Khedivé d'Egitto, Ismail Pascià, chiede a Verdi di comporre un inno per celebrare la ricorrenza. Verdi fa sapere che non scrive musica d'occasione e rifiuta uno stratosferico compenso, perché se lo può permettere. Forse nel 1840 avrebbe accettato, ma nel 1870 è famoso e soprattutto ricco.
Insomma, è nella invidiabile condizione di poter scegliere quello che preferisce fare. Ma il Khedivé non si arrende, e dopo pochissimo tempo fa un'altra proposta: comporre un'opera di soggetto egiziano per l'inaugurazione del Teatro Khediveale del Cairo. Questa volta Verdi accetta perché lo trova logico, perché l'idea gli piace. Il soggetto è di Auguste Mariette, un famoso egittologo; ma ci vuole anche qualcuno che lo adatti alle convenienze teatrali e lo metta in versi, ed ecco spuntare Antonio Ghislanzoni, poeta, scrittore e umorista di valore, e soprattutto librettista.
L'opera viene composta quasi di getto, e in pochi mesi è pronta; ma le scene e i costumi sono a Parigi: c'è la guerra e l'assedio dei prussiani blocca tutto per un anno. Poco male, Verdi ha il tempo di documentarsi meglio sulla storia antica dell'Egitto, di fare qualche modifica al libretto e alla musica. Finalmente, il 24 dicembre 1871, Aida va in scena con enorme successo, accolta entusiasticamente dagli egiziani del XIX secolo, culturalmente cosmopoliti e orgogliosi di ospitare la prima di un'opera di Verdi dedicata a loro.
Ecco, in breve, la trama. Siamo a Menfi, capitale del Regno d'Egitto, in epoca imprecisata ma verosimilmente fra il 2700 e il 2200 a.C., Aida è una giovane catturata dagli Egizi qualche anno prima in una guerra contro gli Etiopi. Vive come schiava di Amneris, la figlia del Faraone. Ed è innamoratissima di Radames, condottiero, che la ricambia con passione. Ma ecco l'inconveniente: per Radames ha una cotta pazzesca proprio Amneris che, data la sua posizione sociale, è abituata a prendersi quello che vuole.
Se solo sapesse che Aida è a sua volta figlia di Amonasro, re degli Etiopi e nemico numero uno degli Egizi! E infatti Amonasro ha appena invaso l'Egitto per cercare di riprendersi sua figlia; ma l'Egitto non sta a guardare. In una scena da kolossal, con il Faraone, il Sommo Sacerdote, Amneris, Aida e una immensa folla, Radames viene nominato capo delle Forze Armate e spedito al fronte.
"Ritorna vincitor", urla la folla e a quell'urlo si unisce Aida, ebbra di amore per lui. Ma poi, molto amaramente, fa mente locale: "vincitor del padre mio", ecco la "empia parola" uscita dal suo labbro. Grandissimo conflitto interiore, meccanismo alla base di ogni storia drammatica che si rispetti. Nel secondo atto si apprende che la guerra è andata bene per gli Egizi: Radames viene portato in trionfo, fra i prigionieri c'è proprio Amonasro cui il Faraone, in un impeto di magnanimità, concede la vita e persino la libertà.
E non è finita: sempre più magnanimo, il Faraone concede (ossia "impone") a Radames la mano di sua figlia Amneris. Sconcerto di Radames, dolore di Aida; a parte, propositi di riscossa di Amonasro. Ed ecco il terzo atto, il più bello dal punto di vista strettamente musicale. Amonasro convoca Aida in un luogo appartato e segreto, e la obbliga a far parlare Radames durante un convegno amoroso, mentre lui ascolta di nascosto.
Dov'è accampato l'esercito egizio? Alle gole di Napata. Amonasro invia colà le sue truppe e la guerra volgerà, per il momento, a suo favore. Ma Radames, la cui condotta imprudente è stata risaputa, viene accusato di alto tradimento e condannato a morte. Nel quarto atto la condanna viene eseguita: Radames è rinchiuso in una specie di cripta dove morrà di fame. Colpo di scena: Aida, la causa di tutti i suoi guai, non ha mai smesso di amarlo e si è nascosta nella cripta per morire insieme a lui.
Nella storia della musica, e in particolare nella carriera artistica di Verdi, Aida ha un'importanza enorme. Anzitutto il soggetto è originale, come si è detto prima, il che significa che la trama è stata concepita esclusivamente ad uso opera lirica e non è l'adattamento di un romanzo o di una pièce teatrale. Poi, ancor più importante, c'è la musica: Verdi è molto maturato, sta abbandonando le vecchie convenzioni operistiche, sta cercando un più ampio respiro drammatico, vuol dare più continuità e coesione al discorso musicale abbandonando progressivamente i pezzi chiusi.
Qualcuno se lo concede ancora: "Celeste Aida" è una romanza di raro impatto musicale e drammaturgico, fa subito capire al pubblico come stanno le cose. E la marcia trionfale del secondo atto è ormai una musica universale; "O cieli azzurri" del terzo atto è il tristissimo addio di Aida alla sua patria, una delle cose più struggenti che Verdi abbia scritto; infine "O terra addio" è il lungo saluto di Radames e Aida alla vita e conclude il quarto atto.
Sì, Verdi stava maturando. E le avvisaglie di questa evoluzione c'erano già state, chiarissime, nel 1867 col Don Carlos. Verdi, però, amava dire che il Don Carlos, sì, era artisticamente ben riuscito ma non aveva la fortissima efficacia teatrale dell'Aida. Era ed è verissimo; d'altra parte nessuno poteva dirlo con miglior cognizione di causa di lui, il più grande genio del dramma in musica.
Luigi Maria Prisco