Un gentleman psichedelico
Classe 1944 da Birmingham, appassionato di corse automobilistiche, collezionista di auto d' epoca, scrittore e pubblicista.
Nick Mason è un tranquillo gentleman, non lo si sapesse, nessuno oserebbe immaginare dietro ai tamburi di una delle band principali della storia del rock tra prismi caleidoscopici, mucche cosmiche, piramidi blu e maiali volanti.
Perché Mr. Mason è soprattutto il batterista dei Pink Floyd, anzi l'unico membro originale ad avere attraversato l'intera storia del gruppo, dall’esordio underground agli abbandoni di Syd Barrett prima, Roger Waters durante e Rickk Wright poi.
A salire in cima alle classifiche del mondo intero (per anni e anni) con i capolavori e a scendere giù, nel baratro di album inconcludenti e di brani discutibili, fino allo sfascio di "Final Cut" e anche oltre.
Proprio per questo, qualcuno "ironicamente" l'ha definito il Follini della pischedelia, perché ha sempre mantenuto un elegante equilibrato diplomatico distacco dalle intemperanze di David Gilmour e i fulmini a ciel sereno di Roger " THE WALL" Waters.
Una storia (dicevamo) lunga quarant'anni, fatta di dischi strepitosi ("ATOM HEART MOTHER", "THE DARK SIDE OF THE MOON", "WISH YOU WERE HERE"), concerti memorabili (Pink Floyd a Pompei e a Venezia), colonne sonore mitiche ("ZABRISKIE POINT”).
Ma anche liti furibonde in studio e in tribunale con compagni ed ex compagni di merenda, che adesso è diventata un libro, pieno di immagini sorprendenti, fotografie inedite e aneddoti intriganti.
Il " suo " libro "Inside Out: la prima autobiografia dei Pink Floyd " ( Nick Mason, Rizzoli Libri Illustrati pp. 359, euro 49 ).
Mr. Mason, nel suo precedente libro ("Into The Red ", Virgin Publishing 1998 ) dedicato alle auto sportive, aveva allegato un CD contenente i vari suoni dei differenti motori. È il criterio su cui basa la scelta delle macchine da acquistare?
«Il suono di una macchina è un extra e non influisce minimamente su una mia eventuale decisione, quello che più mi interessa è la guida. E poi ci sono automobili splendide che hanno un suono pessimo. La Ferrari per esempio, ha un suono terribile, ma è una grande macchina».
Il suono dei motori l'ha poi "trattato" in qualche maniera?
«No, semplici registrazioni nude e crude effettuate all'interno delle vetture e all'esterno di esse". Il batterista quando suona dal vivo ha una posizione privilegiata rispetto agli altri strumentisti.
È molto importante che la sezione ritmica (basso e batteria) abbia un buon punto di vista, e che si instauri un eye contact con gli altri musicisti, è necessario per mantenere il tempo.
Bisogna sempre guardarsi ed essere immersi nel groove generale, sia che si suoni in uno stadio con 100mila persone che in un piccolo club, affinché le cose funzionino come si deve».
Come si valuta un buon batterista?
«Dalla capacità di trattenersi e di tenere il ritmo. Di suonare il giusto, senza strafare. Economia di figure ritmiche, accompagnata a un gran senso del tempo. E poi dipende dal contesto. Per esempio Ginger Baker, batterista eccelso, forse nei Beatles non avrebbe funzionato quanto Ringo, tecnicamente inferiore ma perfetto per loro».
A proposito di Beatles, non le è mai capitato di incontrare George Harrison (altro celebre appassionato) durante qualche Gran premio?
«La risposta è sì, George non lo conobbi quando era nei Beatles, ma perché era un appassionato di automobili. Così è successo con molti altri musicisti, siamo diventati amici perché amiamo le macchine e non perché amiamo la musica».
Quale è la sua preferenza in questo campo?
«Visto che è un intervista italiana dico: macchine italiane come la Bugatti, Maserati, Ferrari. Scherzi a parte, amo soltanto le belle macchine e non importa se siano antichissime o ultramoderne. Il pezzo più vecchio della mia collezione è del 1901. E a parte le italiane mi piacciono anche le Jaguar e le McLaren».
Dicono che la nuova Maserati sia strepitosa. . .
«Non lo so, ho bisogno di provarla».
La musica dei Pink Floyd è fortemente "visuale", questo si deve al fatto che eravate tutti studenti di architettura?
«No, non fu l'idea di un'interazione visiva a muoverci, quanto piuttosto una curiosità squisitamente sonora, e la voglia di sperimentare in termini musicali. Quando facevamo i dischi, non partivamo mai da concerti già stabiliti piuttosto da idee in progress che si sviluppavano strada facendo.
E questo era possibile perché avevamo a disposizione lo studio a tempo indeterminato". È successo anche che avete condiviso lo studio con il quartetto di Liverpool».
Chi ha copiato chi?
«Eravamo ad Abbey Road, noi stavamo incidendo il nostro primo album dei Beatles Sergeant pepper».
Non è che un po' della vostra psichedelica è finita nel Sergente Pepe?
«No comment» .
Qual è a suo avviso il brano migliore dei Pink Floyd? E il peggiore?
«Il peggiore senz' altro è Final Cut, quando l'abbiamo registrato l'atmosfera era tesissima, Roger era "Out of control", e David furibondo ecc. ecc.
Il migliore invece probabilmente “Careful with that axe eugene” perché diventò uno di quei pezzi che suonammo poi per anni, ma anche in uno splendido pomeriggio, quando la band suonava al suo meglio».
Le piace ancora suonare?
«Sì ,suono sempre almeno una volta alla settimana, da solo, con amici e a volte pure con i miei figli. Lo faccio per divertimento ma anche per rimanere in esercizio».
Maurizio Marsico