Arrivano i rossi...
Rosso, è rosso. Al massimo quando è acerbo può essere verde. E l’oro che c’entra? Questo lo vedremo alla fine. Quel che conta è che, come tutto ciò che piace, il pomodoro fa discutere. A partire dal nome. Pensiamo al suo plurale.
Ma quella dei tempi di Ettore e Achille era in realtà proprio una mela, sia pur impreziosita dal nobile mettallo. A quei tempi – o quasi – il nostro nobile ortaggio se lo gustavano tutt’altre civiltà. Pomodori, mais e manioca erano infatti gli ingredienti principali degli abitanti di una vasta area dell’ancora da scoprire Centro-Sud America, pressappoco circoscrivibile agli attuali Messico e Perù.
Sappiamo anche come venivano cucinati dagli indios: cotti in casseruola ben maturi per arricchire i classici piatti della grande cucina atzeca a base di pesce e pollame. O anche acerbi, ancora verdi, crudi e tagliati a fettine sottilissime. E poi il mercato di Tenochtitlan, capitale di Montezuma, era un florilegio di salsine in cui Tomatl veniva associato ad aglio, peperoncino, semi di zucca. Insomma, qualcosa di familiare suona. Ma perché il tutto si trasferisse nei nostri tegami si sarebbe dovuto aspettare Hernàn Cortés. Tra gli ori portati in Europa dal sanguinario conquistador c’era infatti anche il nostro pomo. Ma non bisogna pensare che quello tra pomodoro e vecchio continente sia stato un immediato abbraccio a base di pizza e amatriciana.
Anzi, gli europei lo trattano come pianta ornamentale, e bisogna dire che c’è di meglio, poi provano a mangiarsi le foglie. Con risultati, come fu per le patate, di terribili mal di pancia. Solo dopo un centinaio di anni iniziano a capirci qualcosa. La prima ricetta in cui viene citato è uno stufato di verdure del 1696, con zucchine e melanzane. Dieci anni dopo un cuoco gesuita ci parla di un piatto simile di verdure in tegame, reso inconfondibile dai pomodori pelati, spezzettati e soffritti nell’olio. Quasi ci siamo si direbbe. E invece no. Per sentir parlare di pasta al sugo bisogna attendere ancora più di un secolo: è il 1839 quando il duca di Bonvicino scrive finalmente di vermicelli con pommidore. Specificando che la salsa deve essere preparata con moltissimi frutti eliminando chelli semi e chella acquiccia. OH YEAH.
E il trionfo viene bissato dalla pizza, che se fino a quel periodo, era ancora quasi sempre bianca , dalla metà dell’Ottocento prende un aspetto simile a quello che conosciamo. Anzi, in barba a Margherita che cinquant’anni dopo sarebbe stata regina d’Italia, qualcuno prepara già la pizza pomodoro e mozzarella. Manca solo il take away…Intanto il nostro rosso frutto conquista anche le tavole più altolocate, fino a quando l’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, non organizza addirittura un pranzo ufficiale in cui il pomodoro entra in tutte le pietanze. Era il 1853 e il pomodoro si avvia finalmente a conquistare l’Europa. In quel periodo Francesco Cirio apre a Torino la prima fabbrica di piselli in scatola. Nel 1875 è il momento del primo impianto per la lavorazione del pomodoro in Campania. È l’inizio della più rossa tra le rivoluzioni industriali, praticamente la nascita della moderna alimentazione, quella cent’anni dopo sarebbe stata chiamata Dieta Mediterranea. Finita la storia, due note – diciamo così…..
I perini sono i migliori per fare il sugo. Oltre agli arcinoti San Marzano possiamo citare i super Roma. Infine i grandi, quelli più adatti da fare in insalata. Ci sono i Carmando e i Beefmaster, veri supermassimi del settore, con i frutti che possono pesare quasi mezzo chilo l’uno. Chiudiamo con due denominazioni di origine: i siciliani Pachino che possono essere tondi, a ciliegia, a grappoloe costoluti, e i liguri cuore di bue di Albenga, deliziosi costuluti da insalata. Ah dimenticavo, dovevo spiegarvi perché i pomodori-pomidoro si chiamano così nonostante siano indiscutibilmente rossi. Nessun mistero: i primi esemplari portati in Europa dagli spagnoli erano piccoli e di colore giallo. Giallo intenso, dall’oro allo zafferano. Cambiato il colore, il nome è rimasto. Ma quello che più ci interessa è il gusto, quello che dona quell’inimitabile tocco in più a gran parte della cucina italiana, grande o piccola, ricca o povera che sia.
DAL TERRITORIO UNA VARIEGATA OFFERTA DI ROSSI SAPORI
POMODORO PACHINO – “Pachino” non è la varietà di un pomodoro ma il nome di un paese di 25mila abitanti, in provincia di Siracusa, situato nella zona Sud orientale della Sicilia. L’area di produzione comprende l’intero territorio comunale di Pachino e Portopalo di Capo Passero e parte dei territori comunali di Noto e di Ispica in provincia di Ragusa. Riconosciuto IGP dal 2003.
POMODORO SAN Marzano – La denominazione “San Marzano” viene dal nome di uno dei paesi campani, San Marzano sul sarno, in cui si coltiva il tipico pomodoro da sugo. Per avvalersi della Denominazione di Origine Protetta (DOP): “Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino” deve essere prodotto da aziende agricole e trasformato da aziende industriali in una zona ben delimitata della Campania, comprendente l’Agro Nocerino-Sarnese, parte dell’Agro Nolano e della provincia di Avellino. Il pomodoro è nato dall’incrocio di tre varietà molto diffuse all’inizio del ‘900 a Sarno e in tutto l’Agro Sarnese-Nocerino.
CUORE DI BUE DI ALBENGA – Il Cuore di Bue di Albenga è chiamato anche pera ligure. Il nome “cuore di bue” viene dalla sua tipica forma, simile a un cuore, ricca di costolature e di notevole dimensione.
MARMANDE – Il pomodoro “Marmande” è una varietà dalle origini francesi e prende il nome della località omonima situata nel cuore delle campagne dell’Aquitania, a 90 km da Bordeaux. Qui alcuni agricoltori, alla fine del 19esimo secolo, ne fissarono le caratteristiche, attraverso diversi incroci.
MATADOR – Il pomodoro Matador nasce come varietà in Spagna. È di un rotondo quasi perfetto, dal rosso intenso, non troppo grosso e si presenta a grappoli.
PRINCIPE BORGHESE – Il pomodoro Principe Borghese è una varietà italiana. In grappoli, ha una forma tipicamente a uovo che termina con piccola punta. Buono in insaltata e per le conserve di pomodoro. Coltivato in serra si trova in Italia tutto l’anno.
BEEFMASTER – È il più grosso dei pomodori e la varietà dalla polpa più consistente. Il suo nome “beef” che in inglese significa carne, origina dalla particolare competenza della sostanza. Povero d’acqua e di semi è adatto per essere tagliato a fette, grigliato e messo nei panini.
CARMANDO – Il Carmando è un pomodoro dalle grandi dimensioni. È caratterizzato da un rosso molto intenso. Questa caratteristica lo rende ideale per le insalate.
SUPER ROMA – I pomodori Super Roma sono una varietà italiana nata dall’incrocio di alcune specie dell’Italia centrale. Hanno una forma un po’ allungata e si classificano tra i perini. Sono adatti per salse. Esiste anche una variante in giallo.
PEPE E SMALL FRY – Sono due vaietà di ciliegini da tavola italiani. Dalle dimensioni variabili, è preferibile consumarli a maturazione appena iniziata, non appena il frutto comincia a cambiare colore.
Nadia Mazzon