Milano Moda, orgoglio Italia

moda milanoUna Milano così non la si vedeva da tempo: alla fine delle sfilate femminili per la prossima estate la sensazione di essere di fronte a un nuovo corso è diventata certezza. Come galvanizzata dal nuovo assetto della Camera della Moda, dalla collaborazione con il Comune e dall'appoggio del gruppo editoriale Condè Nast, Milano in questi sei giorni ha brillato dentro e fuori dalle passerelle, mostrando al meglio una moda bella e possibile.

Il sussulto di orgoglio del made in Italy ha avuto il merito di sapersi fare sistema, coinvolgendo nel rilancio della città come capitale del pret-a-porter il pubblico e il privato, l'italiano e lo straniero. Certo, il fatto che i nuovi vertici della Camera siano imprenditori come Patrizio Bertelli e Diego Della Valle ha avuto il suo peso nel convincere Condè Nast a investire sull'Italia, sponsorizzando iniziative per i giovani e ospitando l'evento inaugurale al teatro alla Scala, in collaborazione con il Comune.

Lo stesso palazzo Marino ha concesso location come Palazzo Reale per ospitare il cocktail di chiusura della rassegna. "Sognerei una settimana come questa anche in futuro - commenta il presidente della Camera Mario Boselli - abbiamo lasciato a bocca aperta inglesi e americani, che non si aspettavano tutto questo, ora dobbiamo solo continuare così perché non c'é limite al meglio".

Tra i meriti della settimana, lo spazio dato ai giovani talenti, italiani e stranieri, non più relegati in orari scomodi e location di secondo piano, ma messi al centro del calendario, fianco a fianco con i big. Si chiamano Andrea Incontri, Fausto Puglisi, Stella Jean, Marco de Vincenzo, Uma Wang, Msgm e per una volta nessuno si è perso le loro sfilate.

Con un clima così, anche la moda ha parlato il linguaggio del rilancio, con proposte creative e appetibili. Gonne lunghe e lunghissime che non fanno pensare "ma dove posso andare vestita così?", tanti abiti al ginocchio per passare dall'ufficio all'aperitivo, spolverini lineari e giacche couture. Tra i temi forti, il reggiseno che occhieggia dall'abito, come visto da Ferragamo, Gucci o Iceberg, o disegnato da paillettes, come proposto da Ferragamo.

E poi lo sportivo, ma mai da palestra, semmai come dettaglio tecnico chiamato a togliere qualsiasi sapore d'antan ai motivi liberty di stampe e ricami laminati (Gucci), come tessuto minimale su cui giocare con applicazioni massimali (la felpa in scuba con strass di Aquilano.Rimondi, il soprabito di rete con Swarovsky di Emporio Armani), come doppio della couture (il canvas abbinato al raso da Scervino).

C'è poi tutto un gioco di tessuti pesanti e leggeri che più che un'ispirazione è un'esigenza commerciale, visto che nel mercato globale il concetto di stagione èqualcosa di relativo, tanto che lo stesso vestito viene prodotto in materiali diversi per Mosca e Hong Kong. Così sulle passerelle per la prossima estate si è vista molta pelle, (craquelé da Marco de Vincenzo, leggerissima e tutta intarsiata da Cavalli) e persino la pelliccia (coloratissima e un po' cartoon da Prada, sotto forma di stola da Dolce e Gabbana, rasata come un velluto sugli abiti di Fendi, a coda sullo chiffon di Scervino).

msgm1C'è comunque nell'aria voglia di leggerezza, colta dallo chiffon (Alberta Ferretti, Genny), esaltata dai ricami (Dolce e Gabbana, Armani) drappeggiata (Bratis), increspata (Uma Wang). Una certa gentilezza fatta di stampe, romantiche o audaci, ma quasi sempre floreali, viste un po' ovunque, da Armani a Etro, dalla Beccaria a Marras, da Aquilano.Rimondi a Versace. Grandi assenti i pantaloni; quasi scomparse le zeppe, rimpiazzate da sandali, stivaletti e tronchetti; pochi e solo interi i costumi da bagno per un'estate che avrà come vezzo il foulard, di maglia metallica e messo al collo come una bandana (Versace) o montato su fil di ferro come una collana (Armani).

Interpretato così, anche l'accessorio più bon ton diventa assertivo: un piccolo esempio di quella creatività in cui noi italiani - parola di Armani, Cavalli, Della Valle - non siamo secondi a nessuno. Ora tocca a Parigi dire la sua, anche grazie ai talenti nostrani che disegnano marchi francesi, da Tisci per Givenchy a Puglisi per Ungaro, ma questa volta senza Costume National, che dopo 23 anni è tornato a sfilare a Milano.

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