Ferrè e l’architettura delle forme
Nessuno come Gianfranco Ferrè (1944-2007) ha saputo fondere nella sua opera di stilista e couturier il nitore della forma e l'opulenza di un decoro funzionale che profuma di neo-barocco, di regalità e d'oriente.
Architetto mancato, nato in una famiglia dell'alta borghesia lombarda, dopo una laurea in architettura al Politecnico di Milano, conseguita nel 1969, decide di disegnare dei bijoux fantasia e cinture dal sapore etnico in cuoio e metallo.
L'algida e sofisticata musa dello stilista legnanese si delinea già nell'immaginario dello stilista durante un memorabile viaggio in India, nella magia dell'esotismo di certi sari drappeggiati dalle donne indiane o nei colori sfavillanti di terre lontane, dall'Africa al Messico, passando per il Giappone fino alla Cina di "Lanterne rosse", a spezzare le austere bicromìe di bianco e nero così familiari al lessico del design nordico.
Il suo metodo di architetto, pur così logico e rigoroso, rifugge da una semplificazione astratta che poco ha a che fare con la matrice della moda milanese anni '70 come fenomeno di design industriale.
Le sue immacolate bluse di organza bianca, vaporose come nuvole, avvolgono il corpo lievitando senza costringerlo, per dare vita a forme sospese come per magia a costruire un involucro intorno al busto: una suggestione che deriva da un pic nic in montagna con le sue elegantissime zie.
Dal 1974 al 1999 si allea con l'imprenditore Franco Mattioli che nel 1978 fonda la società Gianfranco Ferré. Nel 1978 debutta a Milano Collezioni nel ready to wear femminile.
Collabora con gruppi industriali del calibro di Marzotto per le linee diffusione young e con Mondialpelli per la fourrure. Nel 1986 esordisce nell'alta moda sulle passerelle di Roma.
Dal 1989 al 1996 ricopre la carica di direttore artistico della maison Dior, un'esperienza che lo arricchisce in modo straordinario e affina ulteriormente il suo lessico creativo sviluppando uno stile ricco e fastoso, ammirato per la sua eleganza e spettacolarità.
Nel 2002 Tonino Perna, presidente di IT-Holding, all'epoca quotato a Piazza Affari e oggi uscito dalla scena fashion dopo un crack finanziario clamoroso, acquisisce il controllo della maison di via Pontaccio.
Attualmente, dopo la scomparsa del maestro, continua il suo percorso sotto l'egida di Paris Group, società di Dubai di proprietà di Ahmed Sankari che ha affidato ai due stilisti Federico Piaggi e Stefano Citron la direzione creativa della maison.
Alchimista della materia, Ferrè amava trasfigurare fogge e tessuti di antica memoria sempre alla ricerca dell'effetto con un gusto solenne e austroungarico. Memorabile le taffetas e organza tricottate a mano, il chinchilla visone e cachemire intrecciati, le stoffe tagliuzzate a rettangoli sovrapposti e i bustier a piccoli ritagli di osso cuciti con la raffia.
Ma anche la paglia di Vienna utilizzata a mo' di tessuto, il nylon laccato per giacche orlate di pelliccia, la pelliccia gommata. La lezione di Ferrè fa ancora scuola: "Fare moda non significa astrarsi: la moda vive nella realtà, ne è una espressione, ne trae i contenuti".
Le immagini sono tratte dalla mostra: "La camicia bianca secondo me. Gianfranco Ferrè" del Museo del Tessuto di Prato.