Altaroma faro di innovazione
Cascate di fiori, rivoli di cristalli, sontuose gonne da ballo, trasparenze intriganti e preziose ma anche creazioni sperimentali dal timbro contemporary e accessori dal piglio urban cool e dalla garbata ironia.
Con l'edizione di gennaio 2016 appena conclusasi di Altaroma, l'alta moda celebra i suoi fasti nella capitale confermando la ricchezza della sua poliedrica identità, fra tradizione e innovazione, perché come diceva l'architetto Le Corbusier, "la modernità è la tradizione che sfida il tempo".
Incubatore di giovani talenti con una marcia in più e punto di riferimento per alcune delle maison più prestigiose a livello internazionale, Altaroma, guidata da Silvia Venturini Fendi, presidente in carica, e sostenuta dal Ministero per lo Sviluppo Economico e dall'Ice delinea il suo nuovo corso impegnata a elevare sempre di più il livello di attenzione proveniente dall'Italia e dall'estero sul meglio del Made in Italy, con un calendario concentrato ma nutrito di eventi e iniziative.
Fra scouting e atelier il percorso della rassegna di alta moda e demi-couture si è snodato negli ambienti post-industriali dell'area dell'ex Dogana ferroviaria completamente ristrutturata e restituita a nuova vita in via dello Scalo di San Lorenzo 10, cuore pulsante della manifestazione di scena in questi giorni, e le vie dello shopping capitolino, fra gli stucchi e lo sfavillio delle luci degli hotel più lussuosi della città della Dolce Vita e il minimalismo di ambienti suggestivi e ultra-moderni.
Giuseppe Di Morabito, Luca Sciascia e MiaoRan ma anche Greta Boldini nuove promesse di un Italian Style che ambisce a un ruolo trainante di avanguardia e contaminazione hanno presentato le loro proposte più quotidiane e accessibili accanto a quelle spettacolari dei big che si rivolgono al jet set e alle grandi élites in tutto il mondo.
Come quelle di Raffaella Curiel e Renato Balestra che hanno tributato un omaggio alla quintessenza della femminilità, la prima con una collezione aggraziata e botanica, ispirata all'esuberanza voluttuosa dei fiori di Gallipoli fra corpini corbeilles e abiti botticelliani, il secondo con una serie di pepli scultorei e arricciati impreziositi dalle volute delle colonne ioniche e corinzie riprodotte con pvc laccati e prodigi di ricerca tecnico-sartoriale.
Due grandi protagonisti della haute couture che rilanciano la carta di uno stile senza tempo e di una ricerca che è soprattutto alchimia e magniloquenza espressiva.
Sensazionali e a tratti provocatorie le creazioni di Guillermo Mariotto per Gattinoni che, in uno studio fotografico a pochi passi da Piazza Barberini, ha rievocato l'incantesimo di un Settecento libertino e anticonformista, aperto alle nuove istanze sociali e lusingato dall'incontro con lo spirito rock di Jimi Hendrix e delle sue marsine di gusto rococò.
Corpini intrecciati in organza satinata come paglia di Vienna, delicati tatuaggi di chantilly, nervature e pieghe a canna d'organo e un tripudio di lavorazioni certosine come i delicati intarsi su pizzo compongono una sinfonia couture molto moderna e aggraziata che vela e svela le forme femminili sapientemente.
Due signore dell'alta moda, Antonella Rossi e Giada Curti, senza dimenticare lo stilista Anton Giulio Grande che ha scelto gli altisonanti saloni di Palazzo Ruspoli per presentare le sue maliarde feline fasciate da fourreau molto piccanti ed elaborati e adagiate su sofà Secondo Impero, hanno consacrato la tendenza di stagione ovvero il mix di seduzione e rigore, di vedo e non vedo, in un apparente ossimoro di stile.
Giada Curti ha ripreso lo stile sanguigno e conturbante della Marchesa Casati con abiti che poco lasciano all'immaginazione mentre la Rossi ha optato per abiti lingerie che prediligono lievi ciniglie pastello e nuvole di tulle ma anche inserti di pizzo su suadenti sottovesti di charmeuse.
Più rigoroso e ironico, pur nella sua vena minimal, lo stilista Vittorio Camaiani che approfondisce un discorso di intelligenza e buon gusto basato su tagli geometrici e un recupero dadaista degli elementi basilari della camicia.
Per lo stilista marchigiano il polsino diventa pochette e il colletto diviene orlo di tuniche a trapezio, in un'apoteosi di grafismi e virtuosismi sartoriali mai banali e spesso divertenti, soprattutto quando testimonial, ma soprattutto musa, è l'irriverente e magnetica Marina Ripa di Meana.
Ciclisti di cristalli, tuniche da vestale microplissé, crinoline di satin tecnico, tubini spruzzati di mille frammenti di stelle e gioielli davvero notevoli in oro e perle evocano la magia della iridescente collezione di Luigi Borbone per una donna falena, accecata dal luccichio di pavé e reticoli di cristalli.
Prese nella rete di intrecci di sapore futuribile e design le creature oniriche di Sabrina Persechino che sfrutta la sua competenza di architetto al servizio dell'eleganza.
Incedono come dame di altri tempi le regine di Rani Zahkem che evocano le icone anni '50 della New York di Truman Capote e Diana Vreeland, depositarie di un glamour aulico e romantico dedicato a principesse mediorientali.
Alle facoltose signore della New India di oggi occhieggia Nino Lettieri con sari di organza traslucida e madreperlacea e abiti di chiffon stampati che riproducono elefanti.
La sacralità dell'abito unico e del patrimonio di stile e cultura che esso rappresenta sembra godere ancora di ottima salute.
Enrico Maria Albamonte