Bitto Dop, il genuino
La Valle del Bitto, una valle secondaria della Valtellina, in provincia di Sondrio in Lombardia, deve il suo nome a un affluente del fiume Adda. La valle si trova sulla sinistra orografica della Valtellina e si incunea nelle Alpi Orobie, facendo parte e fa parte del Parco delle Orobie Valtellinesi.
Sovente si parla di Valli del Bitto perché la valle si biforca dopo un piccolo tratto comune: la valle più occidentale sale a Gerola Alta, quella più orientale ad Albaredo per San Marco e poi al passo di San Marco.
In quest’area di produce il Bitto DOP, un formaggio stagionato a pasta semidura prodotto con latte vaccino intero e con eventuale aggiunta di latte caprino crudo in misura non superiore al 10%. La sua maturazione inizia nelle "casere d'alpe" e si conclude in appositi locali a fondovalle, sfruttando il naturale andamento climatico della zona di produzione.
Zona di produzione
Si produce nel comprensorio alpino delle Valli del Bitto di Albaredo e Gerola, nel cuore del Parco delle Orobie Valtellinesi (Sondrio) e di alcuni comuni limitrofi dell'Alta Valle Brembana (Averara, Carona, Cusio, Foppolo, Mezzoldo, Piazzatorre, Santa Brigida e Valleve) e della provincia di Lecco (Introbio e Premana).
La Valle del Bitto è parte della Valtellina, una regione alpina, corrispondente al bacino idrico del fiume Adda a monte del Lago di Como che si trova nella regione Lombardia. L'intera valle insieme alla Valchiavenna, costituiscono la Provincia di Sondrio.
Tra i prodotti più importanti della Valtellina si ricordano: la bresaola, i formaggi tipici (Bitto e Casera), pizzoccheri, sciatt, mele, manfrigole, polenta taragna e cròpa, Taroz, Bisciola, Chiscioi, Slinzega. Fra i vini: Sforzato di Valtellina, Valtellina superiore, Valtellina superiore Sassella, Valtellina superiore Grumello, Valtellina superiore Inferno, Valtellina superiore Valgella, Valtellina superiore Maroggia e il Rosso di Valtellina.
In valle si trovano numerose rinomate stazioni sciistiche quali Aprica, Bormio, Caspoggio e Chiesa in Valmalenco. Livigno, si trova al di fuori della Valtellina, essendo al di là del crinale delle Alpi, ma che è parte integrante della Provincia di Sondrio.
Numerose sono le sorgenti termali calde: ai Bagni di Masino e una con sette sorgenti ai Bagni di Bormio. La Valtellina è servita in direzione Nord dalle Ferrovie Retiche con la pittoresca ferrovia del Bernina che conduce all'omonimo Passo attraverso la Val Poschiavo e da qui all'Alta Engadina.
In direzione Sud è collegata invece da Trenord, con una linea che congiunge Sondrio, Chiavenna e Tirano con Milano e Lecco. La Valtellina accoglie il settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio (dai Laghi di Cancano a tutta la Valfurva), nonché il Parco Regionale delle Alpi Orobie.
Cenni storici
L'allevamento del bestiame nelle valli alpine iniziò, secondo alcuni storici, dai Celti, quando, cacciati dai Romani dalla pianura Padana, si spinsero verso le Alpi e vi trovarono sicuro rifugio dedicandosi così all'attività pastorale, la sola che potesse consentire lo sfruttamento dei fertili pascoli naturali. Appunto dai Celti deriva la parola Bitto "Bitu", ovvero perenne.
Essendo impensabile che tutta la popolazione seguisse il bestiame alle quote alte, ed essendo precarie le condizioni delle vie di comunicazione, quei primi mandriani dovettero per forza di cose escogitare qualche sistema che permettesse loro di conservare nel tempo e di trasferire nello spazio il latte, il principale prodotto.
La soluzione più logica fu naturalmente quella di trasformarlo in formaggio e per i Celti, esperti conoscitori dell'uso del caglio, fu relativamente semplice indirizzare l'attenzione verso la produzione dei formaggi a lunga conservazione.
La tradizione, o meglio l'antica tecnica di lavorazione e produzione, continua ancor oggi tramandata con sapienza e lungimiranza da generazione in generazione, di secolo in secolo. Queste valli ancora oggi ci permettono di respirare il clima e i segni del mondo pastorale, che indelebilmente portano impresse nei suoi aspetti più genuini e tradizionali.
Vi si possono ritrovare l'ambiente rustico e frugale proprio del vivere montanaro, di una civiltà che scandisce la vita e il tempo delle genti e delle vallate, di un mondo rurale profondamente radicato nella cultura locale, sorto e sviluppatosi attorno all'allevamento del bestiame ed alla trasformazione del latte in un prodotto molto raffinato.
Le caratteristiche
È un formaggio d'alpe grasso a pasta semicotta, di media durezza e media stagionatura. Maturo si presenta in forme cilindriche regolari con diametro di 40-50 centimetri, altezza di 9-12 centimetri e un peso variabile dai nove ai 20 chilogrammi.
La pasta, compatta, di colore variabile dal bianco al giallo paglierino a seconda della stagionatura, presenta occhiatura rara a occhio di pernice. Le varie fasi produttive si svolgono secondo gli usi tradizionali, legati alle caratteristiche ambientali, nel periodo compreso fra il primo di giugno e il 30 settembre.
Il latte di vacca appena munto aggiunto a quello caprino (10-20%), ottenuto dalla razza orobica (razza autoctona a rischio di estinzione), è immerso nelle tradizionali caldaie in rame a forma di campana rovesciata, ove è riscaldato mediante fuoco a legna e portato a una temperatura di 35-37° C.
Si aggiunge in seguito il caglio di vitello; la cagliata viene poi rotta molto finemente e, nel giro di 2 ore, viene portata alla temperatura finale di 50-52°C. Una volta estratta, la pasta viene posta in fascere in legno che conferiscono il caratteristico scalzo concavo.
I produttori delle Valli del Bitto ritengono il legno indispensabile per la sua caratteristica insostituibile di porosità e di traspirabilità, che permette al formaggio, durante la formatura e la salatura a secco, di asciugare e di respirare.
Inoltre tutta l'attrezzatura tradizionale in legno è fondamentale per mantenere le caratteristiche di tipicità di ogni alpeggio, dovute in parte alla microflora che vi si instaura, creando una barriera contro l'insediamento di altri microbi anticaseari.
La maturazione inizia nelle "casere d'Alpe" e si completa negli stabilimenti di fondovalle sfruttando il naturale andamento climatico della zona di produzione. La maturazione deve essere protratta per almeno 70 giorni.
Dopo almeno un anno di stagionatura il prodotto può essere utilizzato grattugiato come condimento. La stagionatura può protrarsi anche per diversi anni, senza alterare le caratteristiche organolettiche e strutturali del formaggio.
Il sapore del Bitto è dolce, delicato e racchiude in sé i profumi dell'alpeggio; diventa più intenso con il procedere della maturazione che può essere protratta anche sino a dieci anni, per diventare una delle più ricercate prelibatezze nel mondo dei formaggi, da accompagnare con un pregiato bicchiere di vino rosso Docgc di Valtellina.
Consorzio per la tutela del Bitto DOP
Via Bormio 26
23100 Sondrio
Tel. 0342 210247
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