Castagna del Monte Amiata IGP
Il Monte Amiata e i suoi abitanti sembrano essere legati alla pianta del castano da sempre. Le prime testimonianze di una società dedita alla coltura della castagna sul Monte Amiata risalgono infatti all’Ottocento secolo dopo Cristo.
Nel corso dei secoli successivi gli statuti delle diverse comunità amiatine ci hanno lasciato la testimonianza scritta di questa dipendenza: sono presenti antiche norme che vincolavano la coltivazione e la raccolta del castagno, così che la pianta venisse preservata; chi non rispettava tali dettami veniva pesantemente punito con multe assai salate.
L’autorità locale aveva l’autorità nel decidere anche quali piante potessero essere tagliate e, dal momento che questo prodotto era così importante per la dieta popolare, era esplicitamente previsto un periodo in cui la raccolta di questi preziosi frutti era lasciata libera, così che non solo i proprietari delle piante potessero beneficiarne, ma anche i più poveri.
Le castagne, una volta trasformate in farina, andavano a costituire infatti l’elemento basilare dell’alimentazione locale, riuscendo a sostenere la popolazione del Monte Amiata grazie ai suoi alti valori nutrizionali. Il castagno era noto anche come “pianta del pane”, e la polenta fatta con la farina di castagne era così importante nella dieta da sostituire il pane di frumento. Pare fosse per questo che veniva chiamata anche “pane di legno” o “pane dei poveri”.
Come si coltiva oggi la castagna del Monte Amiata IGP
Tradizionalmente le castagne si raccoglievano con bastoni o strumenti che non potessero rovinare le piante; il periodo di raccolta va da fine settembre a novembre. Il primo passaggio necessario era quello di creare le “ricciaie”: cumuli di castagne, ancora richiuse nel proprio riccio, che venivano accumulati in alcuni spiazzi all’interno dei castagneti.
Questa procedura aveva una duplice valenza: quando si copre la ricciaia di foglie, pianticelle del sottobosco, terra e ricci vuoti, si va a creare al suo interno un microambiente che favorisce da un lato la conservazione delle castagne, dall’altro la maturazione dei ricci ancora “acerbi”, così da favorire la successiva diricciatura.
Una volta pronti, i frutti venivano separati dal loro riccio tramite uno strumento chiamato “magliozzo”, che somiglia ad un martello di legno. In seguito veniva fatta una prima selezione dei frutti: bisognava infatti decidere quale parte delle castagne potevano essere vendute, anche se in antichità poca parte del raccolto era destinato alla vendita.
Solo una porzione di ciò che non andava venduto veniva consumata (e cucinata) integra. Buona parte del raccolto era infatti destinata all’essiccazione ed alla successiva trasformazione in farina, perché questo metodo ne garantiva una più lunga conservazione durante la stagione fredda.
La lavorazione della farina di castagne
Il processo con cui le castagne venivano essiccate veniva effettuato all’interno dei “seccatoi”, che molto spesso erano piccoli capanni di pietra e calce, col pavimento in terra battuta, costruiti vicino al castagneto. Al loro interno, ad un’altezza di circa due metri dal suolo, veniva costruita una griglia composta da assi di legno, su cui veniva adagiato un alto strato di castagne, magari in compagnia di alcune erbe del sottobosco (in particolar modo la ginestra).
Alla base della struttura era acceso un fuoco che doveva durare per un periodo di più di un mese, durante il quale le castagne prima trasudavano, e poi si seccavano pian piano. La fiamma infatti doveva rimanere bassa ma costante (ad una temperatura di circa 30 gradi), ed era una delle preoccupazioni del proprietario del seccatoio essere sempre nei dintorni della struttura.
Egli doveva rimestare le castagne per favorire l’essiccazione di tutti i frutti, così come alimentare le fiamme, stando attento a mantenerle basse ed a evitare spiacevoli incidenti. Il momento dell’accensione del seccatoio era così importante sul Monte Amiata che diveniva spesso momento di festa e di celebrazioni religiose.
Alla fine di questo procedimento, le castagne venivano pulite. Una prima sbucciatura veniva fatta battendo i frutti con la “mazzanghera”, a cui seguiva la “vassoiatura”, effettuata con uno strumento di forma semicircolare (la “vassoia”, appunto) che le donne roteavano per separare le castagne dalle bucce residue.
Quando il prodotto era pronto, si procedeva alla macinatura nei mulini, da cui usciva infine la farina di castagne, ingrediente basilare dell’alimentazione popolare del Monte Amiata.
Ricette e castagne nella tradizione amiatina
I sapori della tradizione locale e le ricette più caratteristiche del Monte Amiata si legano indissolubilmente alla castagna: queste si possono bollire, arrostire oppure essiccare. Le diverse modalità di cottura le fanno assumere nomi diversi: abbiamo così i suggioli, quando le castagne vengono lessate con la buccia intatta.
I castroni, se la buccia viene incisa prima della cottura; le bucchiate, se vengono sbucciate completamente prima della lessatura; le vecchierelle sono invece le castagne secche, sottoposte sempre allo stesso procedimento già citato di lessatura in acqua (che viene talvolta arricchita di finocchio e un po’ di sale).
Quando poi la castagna viene ridotta a farina, rivela un volto nuovo, quello con cui ha sostentato la fascia più povera della popolazione amiatina. La farina di castagne è l’ingrediente principale di ricette per piatti dall’alto valore calorico, e proprio per questo alla base della dieta di chi popolava il Monte Amiata.
Tra i piatti più conosciuti la polenta dolce, in cui la farina di castagne sostituisce quella di granoturco, nutriente come il pane, ma più facilmente reperibile nella zona. Molti anche i dolci tradizionali: su tutti ricordiamo il castagnaccio, torta arricchita con frutta secca tra cui noci e uvetta.
Ricette moderne con la castagna dell’Amiata
La castagna è ricca di sali minerali, vitamine; è un alimento molto nutriente, e le sue caratteristiche organolettiche la rendono alimento ideale nella dieta di anziani e bambini, così come per chi fa movimento e svolge lavori molto pesanti.
La cucina amiatina non si crogiola nelle ricette della tradizione, cercando di trovare un modo per sfruttare la castagna anche nella cucina più moderna; nascono così nuove ricette più recenti, in grado di esaltare questo frutto in piatti più ricchi.
Ecco quindi che la castagna diventa ingrediente principe nella preparazione di pasta fresca come tortelli, tagliolini, o ancora i “pici”, un formato di pasta tipico di quella zona. La castagna va a insaporire le minestre, come nel caso della “brodolese”, dove viene fatta bollire in brodo fino quasi a disfarsi.
La castagna compare anche nei secondi piatti: il suo sapore ben si associa ad altri prodotti tipici locali, e diventa ripieno per la carne di maiale, magari insieme ai funghi. Le castagne vengono usati anche come contorno, cucinati come salsa o purea, accompagnamento ideale alla cacciagione.
Infine, la natura stessa delle castagne ben si associa ai dolci nelle preparazioni di creme, melasse e marmellate, sia da sole che con l’aggiunta di miele o mascarpone. E’ anche l’ingrediente base per preparazioni più elaborate come il “monte bianco”, la torta con il cioccolato o i “necci”, ottenuti schiacciando la polenta di castagne su piastre di ferro apposite, per essere poi mangiate con la ricotta o la panna.
Associazione per la valorizzazione della Castagna del Monte Amiata IGP
c/o Comunità Montana del Monte Amiata zona I/1 Area Grossetana
Località S.Lorenzo 19 - 58031 Arcidosso (GR)
tel. 0564 969611
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